LO SFOGO - Torna sulle frasi post eliminazione dal Mondiale: «Lo sfogo? Non me lo ricordo neanche bene… Eravamo un po' in confusione tutti, era accaduto un qualcosa di sconvolgente, sportivamente parlando. Per cui anche le reazioni e le dichiarazioni a caldo potevano assumere una importanza anche più elevata di quella che realmente avevano. Detto questo, avevo solo riportato un pensiero mio, che era però fondato sui fatti, non è che fosse campato per aria. Chi ci ha ascoltato allora, ci ascolta anche ora, se lo ricorderà. Scontro generazionale? Era un modo per valutare il reale valore dei giocatori, per far valere la meritocrazia. In Nazionale devono giocare i migliori, che abbiano 40 anni o 20».
IL CASO LOTITO - Sulla presenza sovraesposta di Claudio Lotito accanti agli azzurri: «Posso dire che sinceramente da giocatore il presidente Lotito l'ho visto spesso vicino alla Nazionale anche in altre manifestazioni, l'ultima che posso ricordare è la visita dal Papa prima di Italia-Argentina. Non è una stata una sorpresa, secondo me. Sicuramente non è una persona che entra negli spogliatoi o che vive lo spogliatoio, perché è giusto che sia così. Se è una persona che sta vicino alla squadra o a determinati rappresentanti delle istituzioni, non vedo cosa ci sia di male. Capitava prima, continua a capitare anche adesso. Noi giocatori non possiamo dare un parere su questa cosa: dopo i risultati modesti da cui veniamo, l'unica cosa di cui ci dobbiamo interessare è il campo».
CHIELLINI A CASA - Dietrofront Chiellini, doveva restare con il gruppo ma ieri è tornato a Vinovo: «La notte porta consiglio, se in un primo momento determinate decisioni possono far propendere per una cosa, poi magari a bocce ferme, con un po' più di calma e razionalità, magari si rivede questo modus operandi e si cambia la decisione».
TENSIONI POLITICHE - La gestione di Chiellini nel bel mezzo degli scontri politici, la Juve, come la Roma, voleva un'altra presidenza per la Figc: «Basta rifarsi al codice comportamentale che c'era in precedenza. Se non erro, ogni volta che qualcuno si infortunava o aveva la certezza di non poter recuperare, tornava nel club. Credo che si sia fatta rispettare solo quella regole. I possibili squilibri politici-sportivi? Su quello mi astengo, è un qualcosa che adesso non mi riguarda. Lo dico non per non dare un giudizio, ma veramente perché l'unico debito che noi giocatori abbiamo nei confronti dell'Italia e dei tifosi è quello sportivo, dei risultati».
LA NORVEGIA - Sugli avversari: «Le nazionali scandinave, soprattutto Norvegia e Sveziza, e un po' meno la Finlandia, sono nazionali, Svezia in primis, che hanno sempre ottenuto risultati importanti a livello europeo e mondiale. La Norvegia è stata più discontinua, ha avuto dei periodi di sei-otto anni veramente molto buoni, ora fa un po' più fatica da qualche anno. Alla fine credo siano sempre compagini molto difficili da affrontare, sono squadre molto fisiche, che fanno spesso delle palle alte e del gioco aereo il punto di forza, creandoci sempre grattacapi. Penso anche che negli ultimi anni il calcio sia cambiato molto, si sia uniformato un po' il modo di giocare. Queste caratteristiche che una volta definivano in maniera importante queste nazionali ora andate scemando, si gioca più all'europea. Sicuramente c'è grande rispetto nei loro confronti, anche perché non ci possiamo permettere di affrontare le partite e le squadre in maniera superficiale».
CONTE-BIS - Su Conte ieri e oggi, dal primo giorno alla Juve, al primo giorno in Nazionale: «Le analogie sono molte, perché alla fine il Conte che si è presentato alla Juve è il medesimo che è rimasto nei successivi tre anni. Credo che sicuramente i concetti calcistici che ha lui, il modo che ha di trasmetterli, sia un qualcosa che lo rende unico e speciale. Come dico sempre che ci vuole una squadra che dia la massima disponibilità ad accettare ogni tipo di proposta, penso anche che ci sono dei momenti, penso al nostro di tre anni fa alla Juve, nei quali è un qualcosa di dovuto, dare questa disponibilità».
FORZA PEPITO - Un pensiero a Pepito Rossi, di nuovo fermo ai box: «Con Beppe penso di avere un rapporto di grande sintonia. Mi ricordo che gli mandai un messaggio subito dopo la sua non convocazione per il Mondiale, perché realmente, quando appresi la notizia, mi dispiacque molto vedere il viso trasfigurato di una persona, aveva il viso sofferente di chi pensava di avercela fatta a staccare questo biglietto. La delusione che ho visto nei suoi occhi, l'ho vista in pochi. E l'ho apprezzata tanto, perché vuol dire che lui ci tiene molto. Gli ho mandato dei messaggi. Nel momento in cui tutti abbiamo criticato Prandelli per certe scelte, ora è il momento di rivalutare quella che ha fatto per Giuseppe. E' giusto non scordarlo. Il nuovo infortunio? Tempi certi non ce ne sono e secondo me non glieli dobbiamo dare. Psicologicamente dover combattere sempre contro il tempo snerva. Lo dobbiamo far recuperare nel modo più sereno possibile, quando si sentirà sicuro, senza forzare, tornerà a fare grandissime giocate e grandissimi gol. E magari ci darà una mano a vincere Europeo o Mondiale, se io ci sarò ancora. Ma è più probabile che ci sarà lui al Mondiale che io…».
DA CONTE A ZAZA - Torna sull'addio di Conte alla Juve, e sull'impatto di Zaza, uno che può tornare alla Juve: «Penso che i cicli dopo un po' di tempo siano destinati a finire o a non dare più quei risultati o avere quell'entusiasmo che li hanno caratterizzati. Se il mister fatto quel tipo di scelta, è proprio perché in maniera serena si è reso conto che qualcosa era cambiato, quindi probabilmente saremmo andati incontro a qualche difficoltà in più che non so se avremmo potuto superare. Se lo ritroviamo qua, è perché ha la convinzione di fare un qualcosa di straordinario. Per la maturità dell'uomo e del professionista se non credesse al cento per cento, non intraprenderebbe mai un certo progetto. Se è qua, è perché ci crede tanto. Zaza non mi sorprende, è un giocatore che mi è sempre piaciuto avendolo affrontato, possiamo rovinarlo solo noi per cui cerchiamo di tutelarlo, affinché possa fare due-tre Mondiali, due-tre Europei».
STRANIERI E RIFORME - Sulla tutela dei vivai e sulla posizione di Tavecchio, specie dopo le accuse di razzismo: «Il discorso degli stranieri è molto logico, nel senso che non c'entra il numero ma la qualità, e poi la convenienza. Giocano determinati giocatori invece che altri italiani. E' un qualcosa che non fa bene al nostro movimento, che fa sì che non riescano a sbocciare talenti nuovi. Sulle riforme, penso che il nostro spirito debba essere questo: qualcosa va cambiato, perché se siamo arrivati a fallire in maniera così clamorosa due Mondiali, e non abbiamo ancora questo serbatoio di talenti come magari accadeva in passato, è perché probabilmente a monte qualcosa si è sbagliato. E' una parte dell'intervista che feci a fine gara con l'Uruguay, magari fu presa solo come un modo per criticare qualcuno.
Cercare di ridurre qualche straniero e dare più possibilità a qualche italiano di fare esperienza: cercare di alimentare la maturazione di questi giocatori e di questi prodotti dei vivai. Magari lo puoi fare mettendo dei paletti sugli undici iniziali da schierare in campo».
LE NUOVE LEVE - Elogia, però, i nuovi giovani: «Conte parla di orgoglio, cattiveria, umiltà? Ci vuole anche talento, quando il livello comincia a essere alto, il talento e la bravura ti fanno vincere le gare. Questi giovani ci hanno sorpreso positivamente per la cultura del lavoro, per la dedizione che hanno negli allenamenti, e non ultima la voglia di migliorarsi. Quando sento uno come Zaza venire qui e dire "sono l'ultimo arrivato, devo imparare tantissimo", pur sapendo di essere forte, mi fa ben sperare. Ciro Immobile, Destro: lo stesso. Mi fanno ben sperare per il futuro la testa e le motivazioni che hanno».
SENATORI E BALOTELLI - SuperMario non c'è ma è sempre evocato: «Sui giovani, non c'è mai stato un problema, nel senso che non ci sono stati scontri generazionali. Se venti giorni prima del Mondiale andavamo tutti d'accordo, non vedo come in venti giorni di Mondiale possa tutto andare a male. E' chiaro che per noi ragazzi che rappresentiamo l'Italia da diversi anni fa molto piacere vedere la disponibilità e l'umiltà con la quale questi ragazzi lavorano e ti chiedono consiglio. Spesso i giovani di oggi pensano di sapere già tutto, di non aver bisogno di nulla. In questo settore, anche un po' di tirocinio fa molto bene. Vedere che c'è questa predisposizione ti gratifica, capisci che puoi andare lontano, perché hanno un modo di pensare come potevo avere io, come potevano averlo De Rossi, Pirlo o Chiellini, o Pirlo. Balotelli lontano dalla Nazionale? Che qualcuno ne dubiti, io ancora non faccio le convocazioni… Noi siamo giocatori e Mario è un nostro compagno di squadra, non è che abbiamo la presunzione e non dobbiamo avere la presunzione di dover a tutti i costi dimostrare a qualcuno come si deve comportare, perché non si parla di gente che ha 50 anni più di Mario, la differenza è più sottile. C'è un allenatore e decide lui se un giocatore può essere idoneo a quelle che sono le sue esigenze, non siamo noi giocatori, non è nostro compito».
Sulla mancata convocazione di Balotelli: «Non me lo sono posto il problema. Ci sono state altre situazioni che hanno influito, è andato via, ha cambiato nazione, magari poteva non essere al meglio. Questa domanda però non va fatta a me».
GIGI E IL FUTURO - Buffon ieri e oggi: «Dopo tanti anni? Le cose positive sono la consapevolezza che hai di essere forte, di sentirti adeguato in qualsiasi situazione e competizione: Mondiale, Europeo, Champions, le giochi con la sicurezza con cui giochi il campionato. Sicuramente migliori tanto dal punto di vista dell'esperienza, riesci a valutare prima determinate situazioni d gioco, a evitare dei pericoli e di incorrere in errori. Perdi i riflessi, perché lo dicono i libri, magari l'entusiasmo rispetto a quello che hai nel momento in cui ti affacci a giocare a calcio a 17 anni.. Però se mi chiedeste: ti senti che smetterai di giocare di qui a poco? No, ad oggi non ci sono anomalie. E' una grande sfida e una grande sorpresa, sinceramente non pensavo di poter arrivare in certe condizioni a questa età. E' anche vero, però, che ho fatto dei sacrifici, ho voluto io arrivarci in questa maniera, rinunciando a tante piccole cose. Sto bene, non faccio programmi a lunga scadenza perché sarei uno sciocco: ma a giugno ci arrivo bene».
CT DI FERRO - Ma serve un tecnico severo? «E' un discorso che porterebbe via ore, sulla psicologia dell'uomo, non solo del giocatore. Sono convinto del fatto che nel momento in cui all'uomo o al giocatore concedi una libertà, o troppa libertà, l'uomo la scambi in licenza, una libertà che si inebria di se stessa. E conseguentemente fallisce, non sa adoperarla. Credo che i calciatori, soprattutto i giovani, non riescano, come normale che sia, ad avere autodisciplina. E' un qualcosa di difficile per chiunque, è inevitabile che alcune volte avere allenatori che in maniera perentoria scandiscono i tempi della giornata, le tematiche di campo, probabilmente a qualcosa serve e aiuta. Se pensiamo a tutti i duri nel calcio, da Van Gaal a Capello, chissà perché spesso hanno vinto? Qualcosa di vero ci sarà… Non è l'unica soluzione per vincere, altrimenti gli Ancelotti non vincerebbero mai. Credo però che i tecnici severi che aiutino molto».
Conte tra i più severi tatticamente? «Ho avuto anche Sacchi, sono i due più pignoli da quel punto di vista, perché è un loro credo. Quando arrivi anche a supportare questo credo con dei risultati, non c'è possibilità di cambiamento. Anche il giocatore, nel momento in cui si trova di fronte a queste risposte confortanti del campo, viene rapito da tutto ciò».
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