E' l'ultimo ingresso in scena sul fronte della protesta che rovescia contro il Mondiale non solo gli emarginati, ma tanti pezzi di società: tranvieri, poliziotti, agricoltori, professori. Oggi, ad esempio, la Seleçao dovrà presenziare in sordina la grande cerimonia voluta dagli sponsor. La nazionale di Scolari, a San Paolo, ha trovato una manifestazione di migliaia di insegnanti. Meglio evitare guai. E la presidentessa Dilma Rousseff, in queste ore incoronata da Forbes come la quarta donna più potente del pianeta, rischia. In vista delle elezioni di ottobre la sfida non parte più dalle favelas che ha voluto ripulire con operazioni brutali di ordine pubblico («Non permetteremo - ha ribadito anche ieri - di rovinare il Mondiale, impegneremo l'esercito»), ma dal cuore di quel sistema calcio che, con i diktat della Fifa, lei stessa ha sposato per imporre il suo modello di sviluppo. Ad esempio da Ronaldo Nazario da Lima, membro del comitato organizzatore del Mondiale: «O Fenomeno» ha annunciato che appoggerà Aécio Neves del PSDB-MG, partito centrista con venature progressiste, avversario proprio della Rousseff. Non basta quindi la repressione per sigillare il prestigio internazionale, anche perché, proprio in questi giorni, è Amnesty International con uno spot a chiedere al governo brasiliano di non giocare duro. E rispettare le proteste senza violenze. Come, a suo tempo, la Fifa chiese, sempre in frame, di rispettare il bel gioco senza falli. Per entrambi gli spot lo stesso samba.
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Lance e frecce contro i Mondiali
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