Irlanda travolta 6-1. Trap: «Non mi dimetto»

Written By Unknown on Sabtu, 13 Oktober 2012 | 23.45

A chi lo incalzava sottolinenando la drammatica crisi di una nazionale che all'Europeo ha incassato tre sconfitte e subito nelle ultime cinque partite la bellezza di sedici gol, ha risposto: "Non è una questione di soldi ma di orgoglio professionale. Ho allenato in quattro paesi diversi e in tutti ho vinto"

ROMA - Troppo facile il riferimento letterario: l'Autunno del Patriarca. Ma solo per via del titolo e per l'idea di tramonto di un'epoca che esprime. Perché Giovanni Trapattoni non ha nulla a che vedere con il generale-dittatore Zacarias e perché l'esercizio del potere calcistico non lo ha allontanato dalla cura delle relazioni interpersonali. Semmai lui in qualche maniera rappresenta l'ultima conferma vivente del principio tanti anni fa illustrato da Giulio Andreotti: il potere logora chi non ce l'ha. Sarà per questo che l'altra sera, davanti a una folla di giornalisti locali che gli chiedevano se non avesse per caso preso in considerazione l'idea di dimettersi dopo aver incassato la più pesante sconfitta casalinga della nazionale irlandese (1-6 contro la Germania), ha risposto seccamente: "no". Se lo avesse fatto, non sarebbe stato il Trap da tutti noi conosciuto e anche amato, comunicatore straordinario, affabulatore cosmopolita, inventore di un esperanto casareccio (un po' di italiano, robuste dosi di milanese, una spruzzata di tedesco, una pennellata di inglese; il tutto arricchito da funamboliche metafore e fantasiosi detti popolari: non dire gatto se non ce l'hai nel sacco), uomo di straordinario spessore umano e incontaminata simpatia. A chi lo incalzava sottolinenando la drammatica crisi di una nazionale che all'Europeo ha incassato tre sconfitte e subito nelle ultime cinque partite la bellezza di sedici gol, ha risposto: "Non è una questione di soldi ma di orgoglio professionale. Ho allenato in quattro paesi diversi e in tutti ho vinto". E c'è da credergli perché alla sua età qualche spicciolo da parte lo ha messo. Il fatto è che ama il calcio, da qualche parte in lui sopravvive ancora il ragazzino che distruggeva le scarpe buone all'oratorio, l'uomo ormai fatto che, però, non vedeva l'ora che cominciasse la partitella di allenamento per confondersi in campo con quelli che poi avrebbe guidato dalla panchina (gli altri colleghi, normalmente, preferiscono vestire i panni dell'arbitro). Forse per questa sua schiettezza d'altri tempi, il Trap finisce per apparire un dinosauro miracolosamente scampato alla glaciazione. Quando da tecnico entrava nei ranghi del Milan, era il 1974, alla presidenza del Consiglio si erano avvicendati Mariano Rumor e Aldo Moro, al Quirinale c'era Giovanni Leone. A settantatre anni, nonostante la Fornero, in pensione si può andare dignitosamente.

Antonio Maglie


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