Il Ct danese Olsen torna a parlare della partita incriminata di Euro 2004. Ma otto anni dopo stare lì a pestare nel mortaio un'acqua vecchia e putrida è veramente fuori non solo dalla storia (ammesso e non concesso che quel nostro Europeo possa essere considerato degno di fare storia) ma anche dalla cronaca
ROMA - Il calcio è l'unico campo in cui gli italiani manifestano una memoria lunghissima. Lo ha capito molto bene Morten Olsen, ct della Danimarca, che si è presentato "preparato" alla conferenza stampa di presentazione della partita con gli azzurri. Motivo del contendere: il "padre" di tutti i biscotti (nel nostro parzialissimo immaginario), il pareggio che consentì ai cugini scandinavi di accedere, a braccetto, ai quarti della fase finale dell'Europeo portoghese. La storia è nota. La nazionale italiana guidata da Giovanni Trapattoni, essendosi complicata la vita, confidava nella bontà d'animo della Danimarca per passare il turno. Tale bontà si sarebbe dovuta materializzare attraverso una vittoria ai danni della Svezia. Le cose andarono ovviamente come tutti si attendevano: un bel pareggione e Azzurri a casa. Si giocò nello stadio del Boavista e fu pure una bella partita, volendo una bella commedia: segnò la Danimarca, pareggiò all'inizio della ripresa la Svezia, risegnò la Danimarca (doppietta dell'ex milanista Tomasson) ripareggiò la Svezia al penultimo minuto di gioco. Avvicente. Ma scontato. Morten Olsen dice: "Abbiamo provato in tutti i modi a vincere la partita, lo posso assicurare". Noi gli crediamo ma siamo nipoti di Machiavelli (il fine giustifica i mezzi) e figli di Andreotti (a pensar male si fa peccato ma si azzecca sempre). Detto questo, otto anni dopo stare lì a pestare nel mortaio un'acqua vecchia e putrida è veramente fuori non solo dalla storia (ammesso e non concesso che quel nostro Europeo possa essere considerato degno di fare storia) ma anche dalla cronaca. Per tanti motivi. Perché rammaricarsi non serve a nulla già al fischio finale dell'arbitro (il tedesco Merk, per i pignoli) figuriamoci otto anni dopo. Poi perché le nostre prestazioni in terra lusitane furono a dir poco indecenti dal punto di vista della qualità del gioco e della generosità spettacolare. Fummo rispediti a casa, con pieno merito e in questa valutazione il "biscotto" (o presunto tale) c'entra veramente poco (al limite, lo si potrebbe considerare come una forma di giustizia divina). Infine perché questi son tempi di inchieste giudiziarie su "biscotti nostrani" ben più imbarazzanti e indigesti. Ognuno, in fondo, ha l'impasto che si merita.
Antonio Maglie
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Danimarca-Svezia, biscotto ormai vecchio
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